El Diego - Concerto n. 10, «musica d’autore per Maradona e orchestra», è l’ultima creazione di Roberto De Simone, presentata in prima assoluta al San Carlo di Napoli nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia. Nell’attesissimo spettacolo il grande fuoriclasse argentino diventa un emblema della città che lo ha adorato e detestato, delle sue contraddizioni irrisolte, della sua perenne tensione tra genio e degrado, generosità e ferinità, voglia di riscatto e malaffare. De Simone sceglie di esplorare questo labirinto – soggettivo e collettivo insieme – attraverso successive giustapposizioni, che aspirano non alla sintesi compiuta ma all’insistita scomposizione prospettica. La formula concepita dal maestro partenopeo si articola in due pannelli distinti: il primo è il Concerto n. 1 per violino e orchestra di Paganini (affidato alla tecnica e all’espressività del ventiduenne Edoardo Zosi, solista di rilievo internazionale); il secondo è invece una pagina originale, intitolata Litanie per la scandalosa e la magnifica - Inno a Iside. Il trait d’union tra i due momenti è costituito dalla proiezione sul fondo del palcoscenico di immagini – inedite e d’archivio – delle gesta calcistiche di Maradona tra il 1978 e il 1990.
L’idea che dovrebbe giustificare il primo segmento è la presunta specularità tra il virtuoso del violino e il virtuoso del pallone. Lo spunto, tuttavia, è sembrato non solo pretestuoso, ma scarsamente efficace dal punto di vista fruitivo. È vero, infatti, che il pubblico trattiene il fiato sia per un calcio di rigore che per una cadenza, ma la performance musicale e quella sportiva hanno ‘respiri’ diversi, e l’accostamento di smarcature e trilli, colpi di testa e colpi d’arco, finte e pizzicati, anziché produrre sinestesia, ha generato interferenza e distrazione.
Diverso il discorso per la seconda parte. La nuova composizione di De Simone è una pagina di forte impatto per grande orchestra e doppio coro: alla formazione vocale ‘classica’ si aggiunge infatti un più ridotto drappello di cantanti ‘popolari’, dal quale emergono gli interventi solistici di Antonella Morea e Raffaello Converso. Come di consueto, l’autore lavora con raffinatezza sul connubio tra materiali tradizionali e scrittura cólta. In questo caso l’anima sonora di Matalena, «vergine e prena», Madonna e popolana, già fecondatrice di memorabili momenti della Gatta cenerentola, rivive in un ampio affresco dal ritmo ipnotico e incalzante, caratterizzato da un’orchestrazione ispirata al Novecento storico di Stravinskij e Ravel. Per di più in questo secondo pannello il rapporto tra musica e immagini si fa più coeso: se durante il Concerto di Paganini lo schermo rimandava esclusivamente azioni di gioco, ora le prodezze di Maradona si alternano alle manifestazioni di tripudio degli spettatori allo stadio, alle feste di piazza per le vittorie più importanti, alle forme cultuali che, tra emozioni e proiezioni smisurate, la città tributò al proprio eroe. Grazie a un potente cortocircuito percettivo, la componente sonora e quella visiva confluiscono così nella celebrazione di un ‘mistero’ pagano, di un ‘trionfo’ che si alimenta di energie oscure e incoercibili.
Il binomio ‘colto/popolare’ che segna la partitura desimoniana – e che, a ben vedere, domina la stessa mitopoiesi fiorita intorno alla figura di Maradona – trova un’intelligente corollario nella decisione di far seguire all’unica replica in teatro (il 6 giugno alle 18.30) una proiezione video ‘in differita’ sul maxischermo di piazza del Plebiscito (lo stesso giorno alle 22.00).